La difficoltà più grande che sto riscontrato nel tenere un blog, o di volerci provare quanto meno, è un difetto che mi porto dietro da tempi arcaici e che probabilmente faticherò non poco a correggere. Mi ritrovo con un foglio word aperto, bianco, completamente lindo e ricettivo, senza nessun carattere a esclusione del cursore che lampeggia, con le dita posizionate sopra ai tasti, con i pensieri che sgomitano per farsi largo e prendere corpo, e gli occhi spersi nel vuoto.
Non esce nulla. Neanche mezza frase.
Blocco dello scrittore? Oh no, il mio non è buio totale, non è una lavagna nera dalla quale partire. E' piuttosto una tavolozza di colori che aspettano di essere mescolati prima di attingervi. Mi rendo conto però, con sempre maggiore auto-consapevolezza, che con ogni probabilità il problema è mio e soltanto mio.
Tranquilli, non è un post vittimistico, ma semplicemente la realtà delle cose.
Il particolare periodo storico in cui viviamo (non parlo del problema Covid, ma più in generale) ha concesso all'umanità una libertà di divulgazione mai avuta. Ogni individuo, indipendentemente dal sesso, dall'età, dalla religione, dal credo politico, dalla fede calcistica, dalla dieta seguita, dall'estrazione sociale, dalla tendenza sessuale, ha la possibilità illimitata di esprimersi.
Si è dato quindi fiato anche a individui i quali (dal mio modestissimo punto di vista) farebbero, senza alcun minimo dubbio, miglior figura se scegliessero di tenere la propria opinione per loro stessi ed evitassero di condividerla in alcun modo.
Ovviamente, io non sono nessuno per avere il diritto di fare un'affermazione di questo tipo, eppure è quello che sta capitando con sempre maggior spinta.
Conoscete la serie tv “Black mirror”? Se siete tra quelli che stanno scuotendo la testa ve la descrivo brevemente. Si tratta di singoli episodi che analizzano un futuro relativamente prossimo nel quale determinate tecnologie hanno preso piede alterando profondamente la società per come la conosciamo. Curiosi? Guardatela!
Ma torno al punto, uno di questi episodi (la cui peculiarità ho ritrovato anche in altre opere televisive o letterarie) raccontava la storia di una ragazza in una realtà dove le persone stesse venivano valutate tramite stelle, così come succede ai giorni nostri per un ristorante su Trip advisor, o per un prodotto in vendita su di un sito online.
Nella puntata in questione la protagonista, che godeva di un punteggio personale decisamente elevato, dovette affrontare una serie di circostanze che la portarono a perdere quota inizialmente come valore pubblico e successivamente a sgretolarsi impietosamente come individuo. Erano infatti le relazioni umane a decretare il punteggio da offrire e subire e, così come noi stessi eviteremmo di cenare in una pizzeria recensita male, nella serie chi si accompagnava a un voto negativo veniva irrimediabilmente emarginato dalla comunità.
Non voglio divulgarmi oltre, è una serie di fantascienza e come tale da considerare, eppure... in Cina...
Diciamolo, da quando esistono gli smartphone, internet di massa e mondo in una mano diamo voti su qualunque cosa, senza ritegno e senza vergogna, anzi, le recensioni stesse vengono richieste apertamente. Hanno soppiantato il passaparola, una pratica in grado di sopravvivere nei secoli.
Sia chiaro, non mi chiamo fuori, io per primo ho sentito la necessità a più riprese di ricevere pareri su quello che scrivo e cristallino come l'acqua di montagna, non smetterò di farlo. Tuttavia trovo più semplice per me venir criticato per un personaggio che risulta stonato, che non sono riuscito a caratterizzare bene, per un ambientazione che, seppur fotografata nitidamente nel mio cervello, non sono stato in grado di descrivere adeguatamente, piuttosto che per un mio pensiero.
E qui entra in campo il difetto di cui ho accennato all'inizio. Se so per certo che faticherò non poco a portare avanti questo blog, è proprio perché temo il giudizio altrui nel modo più assoluto e che gli argomenti che tratterò saranno quindi al netto di possibili provocazioni.
Eviterò quindi la contesa punto e basta. Lascerò che le persone continuino ad azzannarsi nel web e mi divertirò a seguire i ping pong che si generano per un commento audace. Se mi immischiassi in queste dispute sarebbe un azzardo troppo grande, mi ritroverei a schivare i colpi di veri e propri professionisti del settore: millantatori di se stessi, sommelier di verità, catalogatori del bene e del male, carnefici di opinioni, e io sono un semplice curioso.
Tutto questo quindi soltanto per dire che, qualora vi sembrasse che in quello che scrivo c’è troppo poco, o magari proprio niente, è perché da dire avrei anche troppo, ma che oltre a questo, ho anche la facoltà di scegliere cosa, come e quando dire. O di tacere.
Adesso che ho avuto il coraggio di sbandierare ai quattro venti di non possedere gli attributi per mettermi a dibattere commento su commento e invece ho, neanche tanto velatamente, accusato chi la lingua non è capace di mordersela (o le dita, forse è più azzeccato) dite un po’... me le date cinque stelle? Me lo cliccate un like?
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