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Rebecca perde la bussola della propria vita. Ha letto ciò che non avrebbe mai voluto leggere e l'intera famiglia ne subisce il contraccolpo. I suoi figli più grandi, Michael e Giada, vengono travolti da una situazione che si fa poco a poco insostenibile. Mentre suo marito Maurizio si scontra con gli eventi senza rendersene conto.
A intrecciarsi con questa famiglia, nel pieno della pandemia che ormai qualche anno fa ha coinvolto l'intero mondo, ci sono il tenebroso Sebastiano, scappato da un passato oscuro che non smette di fare male, la fidata Rasha che si scontra con emozioni troppo forti per essere confinate dai decreti, e il mesto Nevio, pronto a trovare nella solitudine di vedovo una missione da compiere.

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Pagherei qualunque cifra per annullare quel bagliore notturno e le tre sillabe che ne sono scaturite. Continuo imperterrita a cercare una scappatoia e a trovare da qualche parte, da qualunque parte, una verità diversa da quella che conosco. Il mio vicolo cieco, che cieco non è, è un nebbioso viale alla cui fine ci sarà Maurizio ad attendermi, alla resa dei conti

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I pensieri mi riportano alle nostre ultime conversazioni, che sarebbe più corretto definire discussioni, se non litigi veri e propri. Questioni che in quegli istanti mi sembravano inconfutabilmente vitali sono oggi evanescenti, futili, i capricci del bambino troppo cresciuto che sono quando mi rapporto con lei. Non me lo spiego, e la domanda solo ora sgorga in superficie, e cioè per quale motivo non riesca a interagire con mamma come l'uomo che sento di essere quando sono altrove?

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Sebastiano.

Ora ha un nome vero, calza il quarantadue di piede, lavora in un supermercato, guida un scooter, gli è piaciuto quello che ho cucinato e io sono messa male, male per davvero.

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Ho creato il Covid e l'ho sparso per il mondo, così come un contadino che si fa scivolare sementi tra le dita per fecondare il terreno. L'ho fatto perché questa malattia è esattamente quello che mi serve, un che di necessario, né più e né meno che questo. E' disegnato a sagomare il me stesso interiore, quello che mi abita dentro e che detiene il controllo. Creato a mia immagine e somiglianza, diabolicamente invasivo e fortemente contagioso. Sono io fatto batterio, io male, io nocivo. 

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I volti in giro sono i solito noti ormai, quelli che, come il sottoscritto, hanno la scusa del cane e dei suoi bisogni. Si gira con la mascherina calcata sul viso, tant'é che non si riconosce un sorriso, lo si cerca negli occhi, ma è più facile a dirsi che a farsi. Un viso c'è bisogno di leggerlo per intero. Per esprimersi senza parole c'è bisogno del pacchetto completo.

Michael mi prende per mano. L'ultima volta che lo fece eravamo solo bambini e col tempo, si sa, questi piccoli gesti spontanei diventano sempre più rari fino a scomparire del tutto. E' il prezzo da pagare del diventare grandi, del corpo che cambia e delle emozioni che si fortificano.

Camminare in questo modo, uniti dopo tanto tempo, come quando eravamo l'uno il mondo dell'altra ha per me un significato gigantesco. Riesco ad avvertire la sua presenza nella mia vita, senza dire una parola sta promettendo che per me ci sarà sempre e che, di contro, si aspetta che io faccia lo stesso per lui.

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Mi si spezza il cuore mentre l'osservo abbassare gli avambracci sul naso e scrutarmi intimorita, quasi fosse lei quella con qualcosa da nascondere, come se i ruoli fossero stati scambiati e la vergogna, il rimorso, il senso di colpa, abitassero il corpo sbagliato.

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