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Immagine del redattoreAButtus

Racconto di una notte di mezza estate

Quando si fa viva l’estate, quella vera dalle temperatura alte e l’aria afosa, cambio modo di dormire. Mi sbozzo dalla posizione rannicchiata e mi appiattisco prono con gli arti larghi. Il cuscino lo lancio sul pavimento, non serve più, fa soltanto più caldo ancora. Il lenzuolo è ripiegato ai piedi del letto, inutile anche lui. Tuttavia, anche alterare la tecnica per addormentarsi, non ne garantisce necessariamente la riuscita.

L’altra notte proprio non riuscivo a prendere sonno. Il corpo ha bisogno di abituarsi ai cambiamenti climatici, così come i primi freddi sono quelli più pungenti, allo stesso modo è durante i primi caldi che si suda maggiormente. Ho provato ad ammazzare il tempo leggendo. Pagine che si susseguivano agili, frasi che s’ingrossavano in capitoli e ore piccole che si facevano sempre più piccole. Ho tentato la sorte quando il libro mi è scivolato sulla pancia e gli occhi hanno cominciato a inciampare sulle lettere, ma è stato vano. Appena assunta la posizione estiva ho preso a sudare. Avevo la netta impressione di stare steso sotto al sole, come se giunta la notte questo avesse scordato di scansarsi e fosse rimasto lì, nascosto, coperto, caldo.

Silenziosamente mi sono alzato, ho indossato un paio di pantaloncini e una canottiera, ho calzato gli infradito e sono uscito di casa. Senza darmi una destinazione ho cominciato a camminare e nel farlo mi sono reso conto che l’ora era tarda sul serio. I ristoranti e i bar erano chiusi e silenziosi, le tapparelle delle abitazioni abbassate, non una tv accesa ad alternare bagliori bluastri, due o tre macchine in tutto a spezzare la quiete e scorrere veloci, nessuna anima viva a parte me a ticchettare sui marciapiedi coi suoi passi.

Giunto nei pressi dei campi sportivi vedo una sagoma seduta su di una panchina. Produce anelli di fumo con la bocca e mormora una canzone che non riconosco. La guardo di sottecchi mentre le cammino davanti, ma lei mi chiama. Mi volto incuriosito e le domando se è proprio a me che si è rivolta.

«Vede qualcun altro, forse?»

Faccio spallucce e mi avvicino. E’ una signora in là con gli anni, dai lunghi capelli argentei raccolti in uno chignon grande quanto un melone e vestita di un grembiule lungo fino alle caviglie. Ai suoi piedi due gatti stanno bevendo da un sottovaso pieno di latte. Infagotta i suoi effetti e m’invita a sedermi.

«Insonnia?» mi domanda. «Pensieri o caldo? O peggio... Entrambe le cose?»«Solo caldo» le rispondo con un sorriso.

Ci presentiamo l’un l’altra, chiacchieriamo per un po’ del tempo e quando i convenevoli sono conclusi mi chino per carezzare i mici.

«Che fa in giro a quest’ora?» le chiedo.

«Disse il bue all’asino». La signora ridacchia, si scusa e si accende un’altra sigaretta. «E’ per mia figlia. E’ una dottoressa, sa? Ne ha viste di cotte e di crude in questo periodo di virus, ha lavorato dentro a tute da astronauta grandi il doppio di lei e ha assistito alle morti di molta gente in questi mesi.»

«Ne stiamo uscendo però» puntualizzo.

«Fandonie, è quello che vogliono farci credere,» afferma la donna. «O invece è vero, ce lo stiamo lasciando allo spalle. ma vede? Non per lei, non per Sara, mia figlia. Lei che è stata in prima linea dai primi di marzo, che già a febbraio ha cominciato con la paternale e le raccomandazioni, che perfino a gennaio stava incollata davanti ai telegiornali e al computer per saperne il più possibile... bene, per lei non è così.»

«Ha conosciuto il Covid meglio di entrambi. In un certo senso la sua cautela è comprensibile.»

«Oh sì che lo è. Ecco perché me ne vado a zonzo di notte, come una poco di buono, come una donnaccia. Perché lei non vuole che lo faccia. Mi comanda ogni giorno di starmene rinchiusa in casa e non uscire, neppure adesso che le restrizioni stanno cadendo una dopo l’altra come le tessere del domino. E' più pressante in questo che con le sigarette.»

«Devo darle ragione, mi sembra un po’ eccessivo.»

La donna estrae dalla borsa un pacco di latte e ne versa un po' nel sottovaso. I gatti miagolano grati e strofinandosi tra le gambe di lei riprendono a bere.

«E’ quello che cerco di farle capire. Ho ottant’anni suonati, ho più ricordi che sogni e ho più rimpianti che opportunità. Sono stata tre mesi chiusa in casa a fare a maglia, a infornare crostate e focacce, a tenermi occupata come meglio potevo. E tre mesi alla mia età sono un sacco di tempo perso.»

«Ha provato a parlare con sua figlia?»

«Lei lo sa, solo che non vuole sentire ragioni. Afferma di non volermi perdere, che alla mia età, con i miei acciacchi senili, ho bisogno di stare al sicuro, che come fumatrice sono già con un piede nella fossa.»

«E' solo preoccupata. Dev'essere contenta di avere qualcuno che la ami così profondamente.»

«Oh, lo so bene questo, ma non posso permettermi di starmene con le mani in mano. Rischio di spegnermi come una candela.»

«Stia tranquilla,» le dico con il tono più perentorio possibile, «vedrà, il virus sarà presto un ricordo. E poi, se mi permette, ha l'aria di essere una donna tutta d'un pezzo, non sarà qualche settimana di relax a danneggiarla.»

«Che mascalzone,» mi risponde con un sorriso, «in senso buono, ovviamente. E' stato galante e per questo la ringrazio. Mi tratterei volentieri ancora qualche minuto, ma è giunto il momento di mettere a dormire le mie stanche ossa. Le auguro una buona notte.»

«E' stato un piacere. Buona notte anche a lei.»

La donna si alza dalla panchina e comincia a camminare. I gatti le vanno dietro miagolando. Mentre si allontana la seguo con lo sguardo. Non porta nulla ai piedi, è scalza. Come se fosse un'adolescente che rincasa da una festa ancora su di giri, prende a danzare sul marciapiedi, compie incerte giravolte intorno ai paletti a bordo strada, alza le braccia per salutarmi da lontano, i gatti le saltellano intorno e giocano nel tentativo di afferrarla con le zampette.

Mi alzo anch'io, che rispondo ai saluti con un inchino. Partecipo alla danza prendendo la direzione opposta alla sua e seguo la melodia che mi si è composta tra i pensieri fino a giungere sotto casa. Quindi salgo nel mio appartamento e mi stendo sul letto. Con il sonno che mi sconfigge in un nonnulla, penso che non sia affatto male l'idea di affrontare la vita a passi di danza.

Buona notte a tutti. E buon ballo.





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